venerdì 12 febbraio 2010

..Il logo..


La nuova polaroid: pogo



In questo video ci spiega come è possibile stampare una foto istantanea, con l'utilizzo della nuova Macchina fotografica digitale Polaroid, modello Pogo.

..L'era del digitale in Polaroid..




Grazie alla tecnologia Zink, anche lo storico produttore di fotocamere analogiche istantanee torna sul mercato con un modello digitale.
Del resto già sul finire di novembre 2008 avevamo annunciato una simile nuova proposta (la Xiao) da parte del produttore giapponese Takara Tomy. Anzitutto la nuova Polaroid PoGo si presenta con delle forme più armoniose e compatte rispetto alla concorrente nipponica. Questa fotocamera permette all’utente di catturare, ruotare, ritagliare e stampare una foto nel formato 5 x 7,6 cm in un tempo di circa 60 secondi.

..La nuova Polaroid..


Polaroid svela l'intenzione di lanciare una fotocamera che trasporta nell'era digitale un concetto molto simile a quello dello sviluppo istantaneo delle foto. La società americana starebbe progettando una fotocamera prosumer con stampante integrata. Dato importante da segnalare è che stampante non sarà una periferica esterna, come quelle annunciate dalla stessa Polaroid lo scorso mese, ma farà parte dell’apparecchio fotografico.
La prima fotocamera di Polaroid dotata di stampante integrata debutterà tra la fine di questo e l'inizio del prossimo anno, e dovrebbe costare tra i 200 e i 270 euro. Sarà in grado di accettare fogli in formato 2 x 3 pollici (circa 5 x 7,6 cm), ossia leggermente più piccoli di un tipico biglietto da visita.


La piccola stampante integrata utilizzerà la tecnologia ZINK (Zero Ink Printing Technology) presentata da Polaroid allo scorso CES di Las Vegas. Al contrario delle tradizionali stampanti ink-jet o a sublimazione, quelle ZINK non utilizzano né inchiostro né nastri: i pigmenti sono contenuti, sotto forma di cristalli, nell'apposita carta fornita da Polaroid. Prima della stampa i cristalli sono perfettamente bianchi, e si colorano per mezzo di un processo termico.
Il diffondersi di dispositivi mobili con schermi sempre più generosi e di qualità, senza contare il boom delle cornici digitali, potrebbe allontanare sempre più i consumatori da carta fotografica e stampanti.

..Eyewear&istantanee..




..La polaroid nella moda..

Polaroid è il nome di uno speciale foglio di plastica che viene utilizzato in vari campi per polarizzare la luce. Questi fogli vengono utilizzati per schermi a cristalli liquidi, per microscopi e per occhiali da sole. Grazie all'invenzione della tecnologia della polarizzazione applicata alle lenti viene eliminato, al 99%, il fastidioso riflesso che causa irritazione agli occhi, stanchezza alla vista e mal di testa. Gli occhiali polarizzanti Polaroid hanno inoltre lenti anti-distorsione, proteggono al 100% dai raggi UV, sono antigraffio e hanno un'incomparabile capacità antiriflesso. L’azienda, divenuta celebre nel mondo intero con la lente PTX 4000 crea occhiali da sole per adulti e bambini, occhiali trendy e sicuri, con montatura o a mascherina, in numerose sfumature di colore e con prezzi molto accessibili che vanno dai 30 ai 35 euro. Le lenti polarizzanti Polaroid sono inoltre realizzate con un materiale di elevata qualità, per garantire spessore uniforme,trasparenza e resistenza alla rottura. La nuova collezione Driving della Polaroid coniuga le migliori caratteristiche tecnologiche brevettate a montature in nichel anallergico dalle linee pulite ed essenziali, creando collezioni moderne ma sempre eleganti.

..Polaroid Collection Eyewear..


Qualità e moda sono l'essenza della collezione Polaroid Eyewear 2009, che siano da sole o da vista per adulto o per bambino, tutti gli occhiali rispecchiano la ricerca di uno stile originale e elegante e tutelano la salute.La collezione dedicata a Polaroid Sunglasses 2009 non manca di dare un tocco di stile retrò abbinato alle linee originali tipiche degli anni '50/'70, rivisitati in chiave moderna i modelli si presentano eleganti a goccia, o impreziositi da dettagli estremamente chic che rendono l'occhiale un accessorio indispensabile per il fascino femminile. Molti i colori utilizzati: dall’oro al marrone tartarugato, dal sabbia all’ebano. Tutti gli occhiali Polaroid sono dotati di lenti polarizzate PTX 4000, i cui filtri UV sono capaci di bloccare il 100% dei raggi dannosi fino a 400 nanometri. Prodotte con l'esclusiva tecnologia del "press-polishing forming", eliminano il 100% dei riflessi e dunque tutti i fastidiosi effetti collaterali causati dal riverbero, come la sensibile diminuzione della percezione visiva, la distorsione dei colori, l'affaticamento e l'irritazione oculare. Anche la Collezione Vista ama soddisfare le richieste della moda, il 2009 vede montature in acetato leggere e pratiche, dai colori accesi e vivaci o rimless Per i più piccoli Polaroid lancia l’esclusiva collezione Disney Magic Eyewear Polaroid, occhiali da sole e da vista ispirati ai celebri personaggi Disney.Da quando Edwin Land, fondatore della Polaroid Corporation, inventò nel 1929 la prima lente da sole polarizzante al mondo, l’azienda si è mantenuta all’avanguardia nel campo della tecnologia ottica, garantendo una protezione totale e una visuale libera da riflessi e bagliori. Proprio in ragione del suoimpegno nella creazione di lenti in grado di racchiudere la massima sicurezza e una perfetta visibilità, Polaroid Eyewear ha deciso di sostenere a partire dall’anno 2009 la Fondazione Umberto Veronesi per il progresso delle Scienze.

..il Paesaggio come protagonista..




..il concetto di "movimento" in Galimberti..





..Galimberti e la fotografia..

Maurizio Galimberti nato a Meda nel 1956.

Dalla iniziale esperienza fotoamatoriale è passato al professionismo e, a partire dall'inizio degli anni novanta, ha legato il suo nome all'uso delle pellicole a sviluppo istantaneo, Polaroid prima e Fuji in seguito, con la creazione di foto-mosaici sempre più complessi e articolati, ispirandosi al futurismo e al cubismo. Nelle sue ultime composizioni con pellicole istantanee è arrivato a comporre mosaici di oltre trecento foto-tessere. Privilegia la fotografia di ricerca attraverso il concetto del ritmo e del movimento.
Nel 1992 ha vinto il "Grand prix Kodak pubblicità Italia".
Ha prodotto su commissione l'opera Il Milan del Centenario, presentata in una mostra al palazzo della Triennale di Milano nel marzo 2000, in cui ritrae con la tecnica del foto-mosaico i calciatori del Milan.
Ha fondato insieme a Pino Valgimigli il gruppo foto-artistico "Polaser".

..la pop art e Andy..




Christoper Makos è stato il fotografo ufficiale di un’artista importante come Andy Warhol e le sue opere rivestono quindi una grande importanza.

..scatti istantanei..

Personale di Christopher Makos.

Christopher Makos

Christopher Makos

Nato in Massachussetts, Christopher Makos, dopo aver studiato architettura a Parigi, si trasferisce a New York dove diventa il fotografo ufficiale di Andy Warhol e della Factory. Il lavoro di Makos nasce proprio a contatto con l'ambiente e i protagonisti della cerchia di Warhol, è stato definito come il più moderno dei fotografi americani dagli artisti della Pop Art che frequentava. In mostra una selezione inedita di alcune delle numerose Polaroids che Photology ha scoperto meno di un anno fa all'interno dello studio dell'artista. Christopher Makos cattura nei suoi scatti personaggi, situazioni e attimi dell'era pop, dalla sua prospettiva di osservatore privilegiato. I suoi lavori sono stati esposti in gallerie e musei internazionali tra cui il Guggenheim Museum di Bilbao, il Whitney Museum of Ameri

..brest..


Un'altra immagine che rappresenta lo stile utilizzato dal fotografo, con la tecnica della Polaroid.

..personale di Ghirri..


Personale di Luigi Ghirri

..Ghirri: le ottiche, i negativi e le sue macchine fotografiche

  1. Le macchine fotografiche

    1967-1968: Voigtlander Bessamatic 24x36mm a telemetro con ottica fissa 50mm.
    1969-1972: Olympus Pen (24x18mm) e la prima fotocamera reflex.
    1977-1978: Canon F1
    1979 in poi: Polaroid 600
    1980: È invitato dalla Polaroid Intl. ad Amsterdam per utilizzare una fotocamera sperimentale di formato 50x60cm.
    anni ottanta: Pentax 645 (6x4.5cm) e Pentax 670 (6x7cm).

    Le ottiche
    Lavorava soprattutto con l'obiettivo normale ed a volte usava grandangolo e teleobiettivo.

    I negativi
    Luigi Ghirri ha utilizzato negativi e diapositive dei formati: 24x36mm, 3.5x5cm, 4.5x6cm, 5.5x5.5cm, 5x6cm, 6x6cm, 6x7cm, 6x8cm

..lo stile di Ghirri..


Luigi Ghirri

Inizia a fotografare nel 1970 confrontandosi con artisti concettuali e ricercando segni nei paesaggi naturali e segni artificiali nell'opera umana e nel paesaggio stesso (manifesti, insegne ma anche cartine geografiche). Dal 1980, sollecitato da Vittorio Savi, si confronta con la fotografia di architettura nel territorio. In particolare fotograferà per lo stesso Savi, per Aldo Rossi, Paolo Zermani. I suoi paesaggi sono sospesi, non realistici per certi versi metafisici, spesso privi di figure umane ma mai privi dell'intervento dell'uomo sul paesaggio. Le sue foto sono generalmente a colori.

Luigi Ghirri

Luigi Ghirri (Scandiano 1943 - Roncocesi 1992) è stato uno dei più influenti fotografi europei cui si devono contributi ed iniziative che hanno vivacizzato l'asfittica atmosfera della fotografia italiana dalla metà degli anni '70 in poi. I suoi primi scritti sulla fotografia risalgono al 1973 e sono raccolti insieme a tutti gli altri redatti come introduzioni ai suoi lavori fotografici, presentazioni di mostre ed articoli su quotidiani nel bel libro (Niente di antico sotto il sole, Ed. SEI 1997) affettuosamente curato dal compianto Paolo Costantini e da Giovanni Chiaramonte. Ho imparato, come fotografo e come ricercatore, attraverso la lezione di Ghirri, che è necessario: "nell'unità vivente di parola ed immagine, nel rispecchiamento reciproco di pittura, musica e poesia...uno sguardo nuovo sul mondo (...) evento di un uomo che pieno di stupore e meraviglia ritrova nella fotografia ed attraverso la fotografia la gioia di vedere e far vedere il senso, la necessità, il mistero di ogni figura che appare nel mondo e si riflette, attraverso lo sguardo nelle stanze della nostra memoria, da un manto di stelle accartocciato sino al Davide di Michelangelo in un posacenere di plastica" (Costantini). In un dattiloscritto del 1984 (La fotografia: uno sguardo aperto), programma di un seminario all'Univ. di Parma, Ghirri torna sull'argomento ed afferma: "Al di là degli intenti descrittivi ed illustrativi, la fotografia si configura così come un metodo per guardare e raffigurare i luoghi, gli oggetti, i volti del nostro tempo, non per catalogarli o definirli, ma per scoprire e costruire immagini che siano nuove possibilità di percezione". Nel 1986 riprende un tema a lui caro e delinea uno rapporto di scala con il mondo rappresentato: "Quell'omino (quello degli atlanti dell'infanzia di Ghirri) era in uno stato di continua contemplazione del mondo e la sua presenza conferiva a queste un fascino particolare. Non solo era il metro di misurazione delle meraviglie rappresentate, ma grazie a questa unità di misura umana mi restituiva l'idea di spazio. Quando più tardi ho iniziato a fotografare, ho continuato a guardare le fotografie di paesaggio, non ho più trovato l'omino. Scenari stupendi, fondali, spazi sempre più deserti ed incomprensibili, si susseguivano, si moltiplicavano in modo sempre più vertiginoso. Ma tutto questo mi sembrava inabitabile, o meglio i luoghi si erano dissolti, erano rimasti splendidi fondali in bianco e nero o in technicolor, l'omino era sparito; se ne era andato via, aveva portato con sé la rappresentazione dei paesaggi e vi aveva lasciato il loro simulacro". Attraverso i testi di Ghirri scopriamo anche un suo costante interesse per la fotografia americana contemporanea, connota magistralmente, in parte criticandola, l'opera di Ansel Adams (wilderness?) e si apre con oculate considerazioni alla generazione dei New Topographics. A William Eggleston (dalla critica definito l'alfiere del "banalismo fotografico") dedica alcune pagine fondamentali commentando il suo stupore nell'osservare il "cambiamento" dello stile riscontrabile nell'autore statunitense nelle foto esposte nel 1984 al Forum Stadtpark di Graz .Ghirri afferma Eggleston con il suo nuovo "stile" evidenzia che: "questa vertigine della precisione (cara a molti nei New Topographics ed agli "americani" della nuova generazione, in generale, -ndr-) non corrisponde più al nostro modo di guardare il mondo; la dissoluzione del reale e dello sguardo che noi posiamo su questo, è per il momento irreversibile (...) è come un film impazzito, ottenuto dal montaggio di diverse immagini che sembrano girate nell'incerta stagione del dormiveglia, dove tutto appare impreciso e non definito, ma in cui la percezione giunge a profonda lucidità (...) Eggleston ha intuito, nella precisione "iper" di molta fotografia contemporanea, il pericolo di una anestesia dello sguardo". Nel 1992 (anno della sua morte) la galleria d'Arte Moderna di Bologna gli ha dedicato la prima retrospettiva ed il libro-catalogo intitolato: Vista con Camera 200 fotografie in Emilia Romagna si apre con una delicata introduzione della Sig.ra Paola Ghirri, moglie di Luigi, che, con Ennery Taramelly, delinea così l'avventura umana ed artistica del marito: "Le tracce di Pollicino vogliono essere un viaggio a ritroso nel tempo, alla scoperta del bizzarro universo, fisico ed umano, dove l'autore ha vissuto l'infanzia e l'adolescenza: un microcosmo che avrebbe legato il "magico giocattolo" fotografia allo "stupore" incantato con cui i suoi occhi di bambino avevano dischiuso lo sguardo sul mondo (...) Le tracce di Pollicino sono un invito a varcare una soglia e credere ancora nei sogni, nell'utopia e nella verità della poesia". Nel 1989 la "strana" coppia di amici Luigi Ghirri e Gianni Celati aveva, ognuno con la propria eccelsa capacità descrittiva ed interpretativa "letto" quel paesaggio per noi così domestico che è la Pianura Padana nel libro: Il profilo delle nuvole (Feltrinelli Ed.). Forse ad una penna così volutamente e poeticamente visionaria Ghirri ha lasciato la più alta testimonianza del suo affetto per il mondo: "Ghirri riconduce tutte le apparenze e apparizioni verso quell'ultimo sfondo, verso il limite sul quale l'aperto si fa mondo. Riesce a farlo attraverso la visione atmosferica, cioé attraverso il sapore affettivo dei colori e dei toni. E ciò gli permette di presentare tutte le apparenze del mondo come fenomeni sospesi, e dunque non più come fatti da documentare. Ogni momento del mondo è riscattato dalla possibilità di ridargli una vaghezza, cioè di riportarlo al sentimento che abbiamo dei fenomeni". Il sodalizio con Gianni Celati ha dato anche altri buoni risultati nel Quaderno di Lotus n° 11 (Electa) dedicato al Paesaggio Italiano dove lo scrittore riconosce al fotografo di: "essere riuscito a raccontare la fissità dello spazio vuoto, lo spazio che non si riesce a capire. Ha compiuto una radicale pulizia negli intenti o scopi dello sguardo. Finalmente ci ha fatto vedere uno sguardo che non spia un bottino da catturare, che non va a caccia di avventure eccezionali, ma scopre che tutto può avere interesse perchè fa parte dell'esistente. (...) Ci sono mondi di racconto in ogni punto dello spazio, apparenze che cambiano ad ogni apertura d'occhi, disorientamenti infiniti che richiedono sempre nuovi racconti: richiedono soprattutto un pensare-immaginare che non si paralizzi nel disprezzo di ciò che sta attorno" (Finzioni a cui credere, un esempio). Tra le attese ristampe di singoli lavori spicca il recente "Atlante" che contiene insieme alle immagini, forse, tra le più "concettuali" del fotografo di Scandiano, sono così introdotte dal fotografo stesso: "il viaggio sulla carta geografica, peraltro caro a molti scrittori, penso sia uno dei gesti mentali più naturali in tutti noi , fin dall'infanzia (...) In questo lavoro ho voluto compiere un viaggio nel luogo che invece cancella il viaggio stesso, proprio perchè tutti i viaggi possibili sono già descritti e gli itinerari sono già tracciati. Le isole felici care alla letteratura e alle nostre speranze, sono state tutte descritte, e la sola scoperta o viaggio possibile, sembra quella di scoprire l'avvenuta scoperta". Nell'acuto saggio contenuto in Atlante, Vittorio Savi incornicia l'avventura artistica di Ghirri nel panorama artistico contemporaneo e sottolinea i numerosi rimandi di cui è piena l'opera del fotografo, ma tocca le corde più remote del sentimento quando raccontando a suo modo gli ultimi giorni dell'amico, le sue ultime foto scattate in un paesaggio brumoso, innevato nel febbraio del 1992, dice: "Qualora si fossero impaginate e rilegate, queste mappe dell'intensità interiore costituirebbero anch'esse un ATLANTE. Continua a sorprendere, sfogliando la "monumentale" monografia che la Federico Motta ha dato alle stampe nel 2001 (Luigi Ghirri, a cura di Massimo Mussini) il livello qualitativo della sua produzione e non nascondo una certa difficoltà ad articolare la vasta mole di spunti di riflessione che ogni serie fotografica propone all'osservatore che abbisognerebbe di spazi ed ambiti diversi. Per un fotografo come me, Ghirri continua ad essere una fonte inesauribile di forti esperienze "visuali" e mi piace pensare al suo vasto corpus di immagini e di scritti come una vera e propria "carezza fatta al mondo".

..Inizio e fine di un'era..

..il tramonto di un epoca..

Quando la Polaroid Corporation annunciò la data in cui avrebbe smesso la produzione della mitica pellicola - il 2009 - fu subito chiaro che anche un’epoca era al tramonto.

La Polaroid, la foto istantanea per antonomasia, determinò le scelte e i costumi di un’intera generazione, di fotografi e non solo. Al fascino generale, e giustificato, non potevano certo rimanere immuni altri artisti nostrani come Nino Migliori, Franco Fontana, Luigi Ghirri o Maurizio Galimberti attratti dalle possibilità della sperimentazione e dal nuovo mezzo come da un canto di Sirene. Una filosofia, prima ancora di una tecnica.
Numerose mostre sono state dedicate nell'ultimo anno, in cui si presenta il lavoro di grandi artisti dalle personalità diverse, con filosofie di vita e sensibilità lontane tra loro, diversi nei linguaggi ma uniti nella scelta di un unico supporto: la Polaroid.

..pellicole istantanee..


Diverse pellicole istantanee, nei diversi formati proposti in commercio.


giovedì 11 febbraio 2010

Edwin e le sue prime istantanee

Mostra fiero ciò a cui ha portato la sua ultima grande scoperta.


L'ultimo dei grandi geni, mostra uno dei suoi primi risultati ottenuti

con il foglio polarizzatore, istantanea.


Edwin H. Land e un modello di pellicola istantanea.








"L'ultimo dei grandi geni"

Edwin Herbert Land (1909-1991) è stato un inventore e imprenditore statunitense, scopritore dei filtri polarizzati e fondatore della Polaroid. Venne definito "L'ULTIMO DEI GRANDI GENI".

Edwin Land compì i suoi studi ad Harvard; proprio in quegli anni, nel 1936, inventò un foglio polarizzante che chiamò polaroid, costituito da una pellicola di plastica in cui erano incorporati numerosi cristalli di erapatite (solfato di iodiochinino). Abbandonata l'università prima del conseguimento della laurea, fondò nel 1937, la Polaroid Corporation, che inizialmente produceva prismi, occhiali e vetri accoppiati, tutti basati sul principio della polarizzazione intorno alla metà degli anni Quaranta iniziò la fabbricazione di un particolare tipo di macchina fotografica, in grado di fornire direttamente una copia positiva delle fotografie grazie a pellicole dotate, oltre al rivestimento fotosensibile, anche di sostanze necessarie allo sviluppo; nel 1972 l'azienda fu in grado di produrre una macchina capace di stampare direttamente, dopo pochi minuti, foto a colori.
Queste rivoluzionarie innovazioni tecniche sono strettamente legate allo studio sistematico compiuto da Land sui processi di percezione cromatica ed in particolare sulla costanza percettiva del colore. Inizialmente, intorno agli anni '50 dello scorso secolo, Land utilizzò due filtri per fotografare una scena colorata: uno permetteva il passaggio esclusivamente delle lunghezze d'onda corte, l'altro di quelle lunghe; le due foto, così, differivano esclusivamente per una maggiore brillantezza od oscurità dei punti corrispondenti, ma non erano colorate. Proiettò poi le due diapositive, in modo che si andassero a sovrapporre su una schermo, utilizzando, per proiettare le immagini, una lampada ad incandescenza (luce bianca) per la pellicola impressionata dalle onde corte e un fascio di luce rossa per la pellicola impressionata dalle onde lunghe. Secondo la teoria dei colori classica, di Newton, Young, Maxwell, Helmholtz l'immagine sullo schermo avrebbe dovuto possedere diverse sfumature di rosa, mentre quella che gli si presentò era di vari colori, abbastanza simili a quelli originali. Per più di venti anni Land proseguì il suo lavoro di ricerca, mettendo in luce come questi colori inaspettati apparivano pressoché istantaneamente e quindi non erano dovuti a un qualche meccanismi di adattamento dell'occhio, né dipendevano dall'intensità dell'illuminazione ambientale o dai raggi di luce che venivano proiettati, o dai filtri utilizzati per produrre le diapositive.
Land approntò una serie di esperimenti in cui utilizzava proiettori a luce monocromatica di lunghezza d'onda variabile, in modo da poter studiare la variazione di colori al variare delle lunghezze d'onda con cui gli oggetti venivano illuminati. Tutto questo lo portò a concludere che la teoria classica sul modo con cui vengono percepiti i colori è valida soltanto per macchie circoscritte di luce, osservate su una sfondo nero, cosa che ha scarsa rilevanza in contesti naturali, in cui siano coinvolti oggetti diversi e un'illuminazione variabile. Insomma, il colore percepito di un determinato oggetto non dipende dalla lunghezza d'onda riflessa ed inviata all'occhio.
Per scoprire la natura dello stimolo, utilizzò collages "Mondrian", pezzi di carta di diversa forma e colore. I suoi primi esperimenti furono condotti con "Mondrian" a figure bianche, grigie e nere; l'osservatore portava occhiali neri che consentivano pertanto l'attività dei bastoncelli e non quella dei coni (visione notturna).Variando l'illuminazione, Land vide che le gradazioni di colore dal bianco al nero non variavano anche se una forma percepita come nera mandava all'occhio molta più luce di una, appartenente ad un altro " Mondrian", percepita come bianca ; l'occhio, pertanto, è in grado di identificare diversi valori di luminosità indipendentemente dall'energia radiante che riceve; in base a ciò, ipotizzò che la riflettanza relativa, dipendente anche dal contorno degli oggetti avesse importanza cruciale nel processo di visione.
I collages Mondrian (fig. 2) vennero illuminati da tre proiettori che emettevano luci di diversa lunghezza d'onda; un telefotometro (a destra sul treppiede) misurava le lunghezze d'onda riflesse nell'occhio da una data tinta presente nel quadro: ad esempio, aggiustando l'illuminazione in modo tale che un'area bianca riflettesse tre lunghezze d'onda identiche a quelle emesse da un'area verde di un altro Mondrian, il bianco continuava ad essere percepito come bianco ed il verde come verde. In questo modo dimostrò che il colore percepito non dipende dalla lunghezza d'onda riflessa dalla tinta presente nel quadro. Questo ed altri esperimenti gli confermarono l'idea che la percezione delle tinte non dipendesse dalle lunghezze d'onda da queste emesse, ma da una sorta di valutazione automatica fra la quantità di luce di un dato colore riflessa dall'oggetto, in rapporto alle quantità riflesse dalle superfici vicine; l'analisi, a suo avviso sarebbe compiuta in una qualche zona del cervello situata fra la retina e la corteccia. Nel 1986 Land formulò la teoria, definita Retinex, che ha trovato parziale conferma negli studi successivi.

Save the polaroid....

Polaroid Land Camera, rappresenta uno dei modelli più venduti di macchine fotografiche Polaroid.
E fu così, che piano piano, andò a sparire un altro mito del mondo della fotografia:
LA PELLICOLA POLAROID.

Le prime macchine fotografiche

Macchina fotografica Polaroid lightmixer 630




POLAROID SX-70 una dei modelli di macchine fotografiche Polaroid più famose.


Negli anni '70 il modello Polaroid OneStep conquistò il titolo di macchina fotografica


più venduta al mondo.








Macchina Fotografica Polaroid, degli anni '70.




La prima macchina fotografica fu lanciata nel 1948. Nel 1949 l'azienda assoldò il mitico fotografo Ansel Adams in qualità di consulente.



















Instant Film


Qui vengono mostrate, e spigate, con brevi didascalie,
le diverse fasi della pellicola a sviluppo instantaneo.





Due fotografie registrate su carta da film immediata.




Le pellicole istantanee

INSTANT FILM (pellicola istantanea) è un tipo di pellicola fotografica introdotta con la Polaroid, che è stata progettata per essere usata in una particolare macchina fotografica istantanea (e, con l'hardware accessorio, con molte fotocamere professionali della pellicola). Il film contiene i prodotti chimici necessari per lo sviluppo e la fissazione della foto, e la macchina fotografica istantanea espone e avvia il processo di sviluppo, dopo che una fotografia è stata presa.

In precedenza, Polaroid Instant Film, venivano tirate attraverso rulli che si rompevano, aprendo una capsula contenente un reagente che si sviluppa tra gli esposti negativi e la ricezione di bilancio positivo. Questo "sandwich" di film, sviluppa per un tempo predeterminato, a seconda del tipo di pellicola e la temperatura ambiente, dopo il quale il bilancio positivo è lontano dal negativo per rivelare la foto sviluppata.

Nel 1972, Polaroid ha introdotto un film integrale, che ha ripreso i tempi e ricevendo automaticamente i livelli, utili per sviluppare e fissare le foto senza alcun intervento da parte del fotografo.

Instant Film è disponibile in diverse taglie, da 24 mm x 36 mm (simile a 135 film), fino a 20" x 24" dimensioni, con i formati più popolari per gli snapshot dei consumatori cambia, l'immagine stessa è più piccola, come se fosse circondata da un bordo.

La qualità e la versalità della pellicola a sviluppo instantaneo, non è buono e ottimale come un film convenzionale, ma veniva utilizzata in base alla qualità sufficiente per l'applicazione .
Era utilizzata anche dagli artisti per realizzare effetti impossibili con la fotografia tradizionale, manipolando però l'emulsione durante il processo di sviluppo, o separando l'emulsione dall'immagine.

La prima macchina fotografica Polaroid



Prima macchina fotografica firmata Polaroid.

Come viene mostrato nell'immagine, possiamo ben visualizzare e capire
cosa sia un FILTRO POLARIZZATORE.















Polaroid

Polaroid (marchio registrato dalla Polaroid Corporation) è il nome di uno speciale foglio di plastica utilizzato per polarizzare la luce.

Il supporto iniziale, il cui brevetto venne registrato nel 1929 (Brevetto 1918848) e sviluppato successivamente nel 1932 da Edwin H. Land, consiste in una serie di microscopici cristalli di iodichinina solfato o herapatite immersi in un film polimerico trasparente di nitrocellulosa. Durante il processo di fabbricazione i cristalli aghiformi sono allineati mediante l'applicazione di un campo magnetico. Tale foglio è dicroico: tende ad assorbire la luce polarizzata in modo perpendicolare alla direzione dell'allineamento dei cristalli, lasciando passare la luce parallela ad essi. Questo materiale viene pertanto usato come polarizzatore.

Questo materiale conosciuto anche come J-Sheet (in Italiano Foglio-J), venne sostituito e migliorato dall'H-Sheet Polaroid, inventato da Land nel 1938.
L'H-Sheet è un polimero (PVA) alcool polivinilico impregnato di iodio.Durante la lavorazione, le catene polimeriche PVA vengono allungate come un elastico in modo da formare un vettore lineare di molecole.Lo iodio utilizzato come droga si attacca alle molecole di PVA rendendole conduttrici lungo la catena. La luce polarizzata parallelamente alla catena viene assorbita, mentre quella perpendicolare passa attraverso il materiale. Un altro tipo di Polaroid è il Polarizzatore K-sheet; consiste di catene allineate di polivinilene. Questo materiale polarizzante è particolarmente resistente all'umidità e al calore.

Tutti i fogli (sheets) Polaroid vengono usati negli schermi a cristalli liquidi nei microscopi ottici e negli occhiali da sole. Inoltre il nome Polaroid è una marca utilizzata per identificare una serie di prodotti della Polaroid Corporation, famosa soprattutto per la macchina fotografica istantanea.

Nel Febbraio 2008, la Polaroid ha annunciato la cessazione della produzione di pellicole istantanee.
Nel Marzo 2008, ha annunciato il rilancio in produzione entro la fine dell'anno delle nuove Polaroid grazie a Zink, una nuova tecnologia di stampa. La macchina fotografica contiene una piccolissima stampante a colori che opera su carta fotografica particolare, fatta di pigmenti cristallini che si colorano grazie a un processo termico.